martedì 20 novembre 2007

Ovvero come uccidere Luigi XIV

Primo editoriale del numero 0 uscito nell'ottobre del 2006 sull'edizione cartacea

di Mattia Bacciardi

Ho scoperto che scrivere un giornale ti insegna tante cose. Soprattutto se il giornale in questione lo devi prima creare, scegliergli un titolo e farlo stampare. Dietro ciascuna di queste operazioni si annidano una montagna di discussioni. Torrenti di parole, fiumi di incomprensioni, rigagnoli di battute, celie e prese in giro. Il tutto dovrebbe approdare al mare “placido” del giornale. L’acre odore della carta stampata che scivola sotto le dita del lettore attento. Niente di tutto ciò. Affinché il lettore non legga solo carta stampata, devi riempirle quelle pagine. Sciogliere periodi annodati in una prosa semplice e accattivante. Scartare parole astruse da pedante, evitando il tono basso dei rotocalchi; limare il superfluo.
Niente che qualche anno di liceo e poche letture selezionate non possano insegnare direte voi. Proprio così, dico io; se quello che volete è un altro foglietto tutto colori e immagini come ne girano tanti nelle università. Qui sta la sfida. Nostra, prima. LA sfida che abbiamo voluto lanciarvi sotto gli occhi con quella testata là in alto innanzitutto. Strana, allusivamente polemica, forse oscura. Sicuramente — questo ve lo svelo io — ragionata. Molto (troppo?) ragionata. La sfida comincia da quella parola strana e forse oscura, sicuramente polemica, pronunciata mentre si stava placidamente addentando un panino. Ha il sapore dell’irriverenza e suggerisce una diversità avvertita come un bisogno, indossata come un distintivo. Queste le sensazioni, mentre la facciamo girare di bocca in bocca, soppesandone il senso. Attenti alle sfumature mentre ne saggiamo il tono importante e il retrogusto acido.

Il resto segue come una favola; quella del cardinale astuto che se ne scappa da Parigi portandosi dietro il re-bambino. Troppo piccolo, questi, per capire l’arroganza di quei signori in livrea che, in nome dei loro privilegi, vogliono portargli via tutto. Tutto: lo sfarzo ipocrita della corte. Tutto: i vestiti ricamati dai sarti italiani. Proprio tutto, anche la grandezza di un impero su cui non tramonta mai il sole. Perché lo vogliono poi? Per difendere il loro privilegio da aristocratici? In nome di una libertà di cui non sanno cosa farne o per essere citati a piè di pagina nel grande libro della Storia? Un distintivo pesante da indossare quello de “Il Frondista”. Ma sappiamo che quella testata non può svelare tutto neanche al lettore più attento e preparato.

Avete finora impugnato l’arma e trovato uno stimolo (qualunque va bene) per intrufolarvi a Versailles. Gli avete visti gli sguardi biechi mentre aprivate le porte della reggia, pescando una copia de “Il Frondista”. Adesso sta a noi darvi il motivo per compiere il delitto. Per sceglierci; per scegliere articoli ragionati e mai banali sui temi dell’attualità e della politica, dell’economia e della filosofia. Non troverete piccanti notizie sull’ultima festa della Luiss o acute recensioni sull’ultimo disco di Britney Spears. E scusate se l’avvertimento è tardivo. “Il Frondista” non vuole piacere a ogni costo. Preferisce graffiare, stimolare e suscitare dibattito. Potrà sembrarvi polemico, irriverente, finanche provocatorio ma mai banale. Il distintivo di chi promette riflessione non aliena da originalità e arguzia si f a ancora più pesante. Pescare sul fondo delle notizie ed evitare di galleggiare richiede impegno e responsabilità. La responsabilità di tutto ciò che è Politica è tale da non poter essere lasciata sulle spalle di uno solo; scelto dal caso del suo sangue blu. Meglio la riflessione critica di otto penne. Con dietro otto teste pensanti.
Perché ne siamo convinti: la penna, in questo delitto, è più forte della spada.